Sport in oratorio

Parrocchia Duomo Chieri...si parte!!!
C'E' TEMPO PER TE!             Dal 15 febbraio in poi...
Oratorio San Carlo via Sant'Agostino 1 a Chieri     per tutti i ragazzi delle medie, 1° e 2° superiore, tutti i martedì, mercoledì e venerdì dalle 15,30 alle 18,30 e il sabato dalle 15,00 alle 18,00...
...giocheremo all'aria aperta a calcio, stratego, contrabbandieri, pallavolo, pallacanestro, cellule, bomba, staffette, pallamano, tennis tavolo, tchoukball, un gioco nuovo bellissimo. Dopo i giochi i laboratori come danza, canto, musica, pittura, disegno, cucina, teatro. 
Per chi lo desidera c'è la possibilità di assistenza durante i compiti.


TI ASPETTIAMO...gli animatori del Duomo

DOMENICA 27/2 a S. Carlo TORNEO DI TENNIS TAVOLO per tutte le età organizzato dal CSI, informazioni presso il Duomo Calcio

ARTICOLO SULL'AUTOSTIMA DEL GIOVANE SPORTIVO: "Panchinari, addio!"

La proposta controcorrente è di Dario Biasiolo, ex allenatore delle giovanili del Torino ed oggi tecnico del Duomo Chieri, in oratorio: tutti in campo e in panca a rotazione per accrescere il valore educativo dell’attività.
di Felice Alborghetti

Sommario: “tutti i ragazzi della rosa dovrebbero essere considerati dall’allenatore come “unici e indispensabili”. Da quando nel nostro paesino si è sparsa la voce che una società fa giocare tutti lo stesso tempo, da 20 tesserati, ne abbiamo oggi  90”
C’è un allenatore speciale nel Csi, che ha disputato l’intera scorsa stagione, adottando una tattica particolare. Cronometro alla mano, dalla panchina, ha ruotato in campo tutti i suoi calciatori, dando a ciascuno lo stesso minutaggio. Recentemente, nel corso di un talk show su “La responsabilità di testimoniare la speranza “ il 45enne Dario Biasiolo ha rilanciato la sua proposta al Csi, motivando le sue scelte professionali. La sua carriera lo ha visto debuttare come allenatore di calcio giovanile in una piccola società dilettantistica, la Fulgor S. Carlo di Chieri, per poi essere chiamato di lì a poco nel calcio che conta a preparare le squadre Allievi, Berretti e Primavera del Torino. Dopo cinque anni granata, ha abbandonato tutto spontaneamente, per tornare al punto di partenza, scegliendo di  preparare i ragazzi del Duomo Chieri, un club d’oratorio del CSI torinese. Abbiamo avvicinato Biasiolo, protagonista di questa scelta controcorrente per conoscere il percorso e la proposta.

Cosa non ha funzionato nell’esperienza torinista?
Semplicemente non volevo più essere complice di un progetto sportivo nel quale l’aspetto educativo non esiste. Nei settori giovanili professionistici contano soltanto gli aspetti della prestazione a breve termine, non la formazione tecnica e tattica e la crescita della personalità di un giovane che deve diventare adulto.

Quali correttivi suggerisci?
Insieme ai vertici del CSI regionale si sta cercando di impostare un sistema di partecipazione dei ragazzi alle partite che consenta a ciascuno di essi di avere la stessa possibilità di crescere tecnicamente e in autostima. In pratica tutti i ragazzi della rosa dovrebbero essere considerati dall’allenatore come “unici e indispensabili”, quindi con il diritto di giocare gli stessi minuti.

Facile a dirsi, forse difficile a farsi….
Sono certo che una simile regolamentazione porrebbe poche difficoltà in rapporto agli effetti positivi: tutti crescerebbero in autostima e la squadra migliorerebbe anche nei risultati tecnici, perché potrebbe contare su una rosa più ampia di ragazzi affidabili. L’allenatore sarebbe “costretto” durante l’allenamento ad insegnare a tutti nello stesso modo e non solo “ai suoi  privilegiati”, e la partita di campionato sarebbe una festa, dove tutti partecipano da protagonisti e i genitori sarebbero molto più rilassati, perché sono consapevoli che il risultato finale della partita viene  dopo la crescita di ogni ragazzo e non solo di alcuni.

Sicuro che il discostarsi da un modello consolidato non provocherebbe titubanze e “fughe” dei più bravi?
Da quando nel nostro paesino si è sparsa la voce che c’è una società di pazzi che fa giocare tutti lo stesso tempo, i ragazzi tesserati, che lo scorso anno erano 20, sono diventati 90. Più di un genitore mi ha detto che suo figlio in un mese è cambiato, è più sicuro di se stesso, va meglio a scuola, ha più relazioni con i coetanei. Questo secondo noi è fare educazione attraverso lo sport, il resto sono solo chiacchiere retoriche.

Dunque …panchinari addio!
Per un giovane, la cui personalità è ancora in formazione,  il non giocare è come diventare indifferente agli occhi dell'allenatore. Il giocatore che si allena ma resta in panchina è come uno studente che studia senza che nessuno lo interroghi mai,  un chirurgo che si aggiorna ma non opera, un architetto che non mette mai la firma nei progetti. Per capirlo forse dovremmo provare noi adulti, ognuno nel proprio ambito lavorativo, a prepararci per giorni, per settimane, per mesi per un evento e poi, quando finalmente arriva il momento atteso, ritrovarci tagliati fuori mentre un altro prende il nostro posto.
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La carta del diritto al gioco
Come calibrare il diritto al gioco é questione di grande attualità. L’istanza di garantire a tutti i ragazzi di una squadra gli stessi tempi di partecipazione al gioco ha consolidate fondamenta teoriche. Che il gioco e lo sport siano un diritto da garantire a tutti i fanciulli in uguale misura è affermato da convenzioni internazionali, come la Carta dei diritti del fanciullo, promossa dall’Onu. Altrettanto assodato è che lo sport educativo debba avere carattere di inclusione e non di selezione, poiché essendo l’educazione un bene, un’opportunità per crescere nella vita, non è giusto dotarne qualcuno a scapito di qualcun altro. Se lo sport, ad esempio, insegna a saper perdere e a saper vincere, è ovvio che il presupposto è che alla partita si partecipi e non la si guardi dalla panchina. Il problema piuttosto si pone sul come raggiungere il fine educativo. Bastano le norme di garanzia della partecipazione per assicurare i contenuti educativi? O tutto dipende piuttosto dalla intenzionalità e capacità educativa degli allenatori? La questione è complessa, ed oggi è all’ordine del giorno anche nei settori giovanili di tante Federazioni.

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il parere
Una premessa è indispensabile.
Si tratta di una proposta stimolante e coraggiosa.
Come tutte le proposte di questo genere merita attenzione . Non nascondo però che credo vada letta più come un punto di arrivo che come un punto di partenza. Il rischio è che far giocare tutti lo stesso numero di minuti si trasformi in una comoda scorciatoia educativa. Non è detto, infatti, che sia sufficiente far giocare tutti i ragazzi allo stesso modo per far loro vivere una vera esperienza educativa. In alcuni gruppi di ragazzi è “bello e possibile”, in altri si rivelerebbe un’esperienza difficile da gestire.
Indubbiamente però la proposta di adottare nelle categorie giovanili “regole innovative” che rendano sempre più evidente il senso educativo del fare sport ci trova assolutamente d’accordo. E’ vero anche che per “cambiare” serve coraggio .
I nostri regolamenti dell’attività giovanile sono ricchi di “proposte” originali e innovative. Non posso dire ora se adotteremo in futuro la proposta del “cambio a cronometro” ma certo é che l’idea del “nessuno in panchina” è già e dovrà essere uno dei grandi obiettivi del Csi.

Renato Picciolo, direttore dell’attività sportiva del Csi